Con l’ingresso dell’umanità nel nuovo secolo si è dischiuso un ampio scenario, che sotto la spinta dei mercati, nel quadro della c.d. globalizzazione, ed a livello regionale, per la crescente esigenza di armonizzazione fra gli ordinamenti degli Stati partecipanti all’Unione Europea, impone conoscenze del diritto su scala interstatuale, ed anche il diritto penale non si sottrae a questa esigenza.
Ricorsi storico-culturali. I penalisti italiani dell’Ottocento prestarono grande attenzione al diritto penale straniero e seppero svolgere le loro analisi con grande abilità e molta cultura, che li fecero apprezzare in tutta l’Europa.
L’aspirazione all’unità nazionale non era ancora sfociata nel nazionalismo giuridico ed erano lontani gli anni in cui esso, mascherato sotto le vesti di un discorso sul metodo, avrebbe sì predisposto per il giurista un raffinato ed insostituibile strumentario tecnico e contribuito ad accorciare la distanza che separa la cultura del giurista accademico da quella del giurista-operatore, ma al caro prezzo di appiattire la cultura giuridica sul dato positivo, con due conseguenze non trascurabili: l’incapacità progettuale del penalista italiano (assai più raffinato nell’interpretare la legge vigente che capace di promuoverne il miglioramento) e la sua insensibilità etica, trovando egli un comodo alibi nel diritto positivo, che non ha voluto ma gli è dato.
Con qualche approssimazione possiamo dire che nel rapporto fra scienza del diritto penale e legislazione si individuano tre fasi principali: nell’età del diritto comune, a leggi comuni corrispondeva una dogmatica comune e, quando le leggi erano diverse, la comune dogmatica contribuiva al mantenimento di un universo culturale unitario; dalla rivoluzione francese alla fine del secolo XIX, a leggi nazionali corrispondeva una dogmatica ancora comune per larghi squarci; nel secolo XX, alle leggi penali nazionali è corrisposta una dogmatica nazionale. Nel secolo XXI, l’impulso dato dalla formazione dei grandi agglomerati di collaborazione politico-economica – come dicevo, l’Unione Europea ci interessa da vicino, ma non è l’unico blocco di tal genere – porterà a leggi comuni interpretate ancora secondo la dogmatica nazionale, che cederà poi il passo ad una dogmatica comune, richiudendo così il ciclo, sia pure in un contesto storico e politico-sociale completamente diverso.
La cultura giuridico-penale italiana non può mancare questo appuntamento. Se lo facesse, tradirebbe l’eredità che le hanno trasmesso i grandi penalisti del passato: quelli che conoscevano altrettanto bene il diritto nazionale ed il diritto europeo e che avevano ben presente come la sostanziale unità culturale del diritto penale nell’Europa continentale non fosse venuta meno anche durante l’età delle codificazioni. Alla riscoperta di questa unità culturale mi sono dedicato, ricevendo un’attenta ed affettuosa collaborazione da parte di alcuni storici del diritto con i quali è nata una cordiale amicizia.
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